PAPI E TEMPLARI, IL SACRO OGGI
PAPA ONORIO III E SAN FRANCESCO
(1150- 1227)
Cencio Savelli , 177° Papa della chiesa cattolica (1150- 1227).
Un pontefice paladino della cultura di stampo enciclopedico che mi ha riportato al periodo illuminista francese nel quale avrebbe trovato degna collocazione.
Combatteva l’analfabetismo all’interno dei membri ecclesiali la sua attività di ricercatore ed archivista assurge ad un livello impressionante; censì infatti tutte le chiese di Roma, da cui nacque il Liber Censuum Romanae Ecclesiae, un repertorio di tutte le istituzioni religiose dipendenti dalla Sede Apostolica le entrate ecclesiastiche con i relativi eventi di rilievo dal 492 al 1192 una raccolta di ben 18 volumi, detto anche Codice Cencio inoltre va rammentata la sua raccolta di disposizioni giuridiche nel 1226 costituisce il primo testo di diritto canonico.
Conferì privilegi alle Università di Bologna, dove Fu giurista ed a quella di Parigi nota per gli studi di diritto canonico.
Dopo il riconoscimento ufficioso dell’ordine francescano da parte di papa Innocenzo III, fu Onorio III ad approvare la regola francescana nel 1223 con la bolla Solet annuere ed istituì la solennità del “perdono” d’Assisi, precedentemente approvò anche la regola di San Domenico.
Fu l’educatore del futuro imperatore Federico II di Svevia, figlio di Costanza d’Altavilla che nel 1196 l’aveva affidato in tutela a Papa Innocenzo III.
Un cenno di carattere esoterico riguarda il “grimorio” testo a lui attribuito contente indicazioni per l’evocazione al fine di scacciare il demonio.
PAPA URBANO IV
E IL CORPUS DOMINI
(1195- 1264)
Jacques Pantaleon, 182° Papa della chiesa cattolica (1195- 1264).
Nato in Francia a Troyes da famiglia agiata Studiò teologia a Parigi dove conseguì il titolo di Magister.
Nel periodo di conflitti fra genovesi e veneziani in terra santa fu nominato patriarca a Gerusalemme da Papa Alessandro IV, cui succedette inaspettatamente non essendo incluso nella rosa del Sacro Collegio mentre si trovava a Viterbo occasionalmente per risolvere un altro contenzioso riguardante l’Ordine di San Giovanni.
Urbano IV non fissò mai la sede pontificia a Roma ma risiedette fra Viterbo ed Orvieto.
L’11 agosto del 1264 con la bolla Transiturus de hoc mundo istituì la solennità religiosa del Corpus Domini, tale festa fu determinata anche dall’insistenza della Santa Giuliana de Cornillon, monaca agostiniana, nella prima metà del 1200 e dalle sue visioni; contribuì inoltre alla decisione successivamente all’elezione, il celebre miracolo eucaristico di Bolsena del 1263, rappresentato negli affreschi di Raffaello nel 1512 in Vaticano nella Stanza di Eliodoro.
L’ostia sanguinante del miracolo convinse il sacerdote boemo Pietro da Praga, scettico della presenza del corpo di Cristo nell’ostia e nel vino che recandosi a Roma per pregare sulla tomba di Pietro si fermò a Bolsena, ancora assalito dai dubbi il sacerdote assistette al miracolo e credette.
PAPA ALESSANDRO IV
E LA TOMBA SCOMPARSA DI VITERBO
(1199-1261)
Rinaldo dei signori di Jenne, detto anche dei conti Segni, 181°papa della chiesa cattolica (1199-1261).
Fu cardinale e vescovo di Ostia, dopo l’elezione a papa come Alessandro IV trovando un clima ostile a Roma, la sua indole mite poco propenso alla belligeranza contro il potere imperiale di Manfredi che poi scomunicò, trasferì la sede Papale da Roma a Viterbo.
Canonizzò Santa Chiara ed emise una bolla che riconosceva le stimmate di San Francesco.
Numerose fonti concordano sul luogo della sua sepoltura nella cattedrale di San Lorenzo a Viterbo, (1) nella cappella della Madonna delle reliquie, sotto la custodia di pietra dell’Olio Santo, tra le tombe di Papa Clemente IV, ora traslato nella chiesa di San Francesco a Viterbo ed il cuore di Enrico di Cornovaglia, anche quest’ultima scomparsa.
Secondo il citato testo di Gianluca di Prospero si addensano misteri riguardanti l’effettivo destino del sepolcro di Alessandro IV, sul III concilio lateranense i cui emendamenti furono poi annullati dall’Antipapa Pasquale III e l’improvvisa morte di papa Alessandro che pareva, godesse invece di ottima salute.
L’autore enfatizza l’evento della tomba scomparsa supponendo che Jaques Pantaleon patriarca di Gerusalemme, successivo Papa Urbano IV, arrivato a Viterbo dalla Terra Santa per l’elezione al seggio, portasse con sé una reliquia preziosa, un segreto forse racchiuso per sempre con le spoglie di Alessandro IV.
(1) Custode segreta Papa Alessandro IV, le sacre reliquie dei Templari.
LA MISSIONE DI VIRGILIO
CANTO II, INFERNO
TAVOLA ISPIRATA A WILLIAM BLAKE:
LA DIVINA COMMEDIA NELL’ARTE.
E’ opportuno richiamare alcuni degli artisti che hanno studiato la Divina Commedia analizzandola e cercando di estrapolare i significati più reconditi che il sommo poeta vi ha voluto trasfondere.
Fra i numerosi e celebri artisti che vi hanno tratto ispirazione per le loro opere cito:
• Sandro Botticelli, 1480-1495.
• Salvador Dalì, 1951-1960.
• Eugene Delacroix, La barca di Dante, 1822.
• John Flaxman, 1793.
• Priamo della Quercia e Giovanni di Paolo, 1444-1450.
• Auguste Rodin, La porta dell’Inferno, 1880–1917.
• Gustave Doré, 1861-1868.
• William Blake, 1824-1827
• Gaetano Previati 1852-1920
L’opera di Blake non è l’immagine fedele dell’oltretomba dantesco, bensì il risultato di una dialettica che coinvolge e rimette in discussione gli stessi presupposti politici, teologici e poetici della Commedia.
Non da una “letterale” traduzione in immagini del testo poetico, dunque, ma da un rapporto assai più complesso ebbero origine i centodue disegni (a parte alcuni bozzetti a matita, quasi tutti acquarelli) e le sette incisioni della serie dantesca, giudicata da alcuni come il grande capolavoro dell’artista inglese (il lavoro di incisione fu interrotto dalla morte dell’autore, avvenuta il 12 agosto 1827).
PAPA NICCOLO' III
NEL GIRONE DEI SIMONIACI
(1225-1280)
Giovanni Gaetano Orsini
188° papa della Chiesa Cattolica. (1225-1280)
Il contrappasso in Dante:
per contrasto, ovvero la pena è l’opposto del peccato.
Dante ambasciatore presso papa Bonifacio VIII viene accusato di baratteria, nel Medioevo, il reato del pubblico ufficiale che si lasciava corrompere da privati a danno del signore o del Comune, accusa da lui ritenuta falsa che gli costò l’esilio fino alla morte.
Nello scenario infernale del canto XIX Dante ha suggellato un capolavoro non solo, poetico, ma dialettico, teatrale con astuta e sardonica ironia ha accorpato due papi fra i simoniaci, colpevoli per aver tratto smodato profitto dalle loro cariche, puniti con la testa ed il corpo conficcati in una terra bollente oleosa, a testa in giù con le piante dei piedi infuocate.
Qui Niccolò III, un principe della famiglia Orsini diventa invero perfetto strumento per anticipare la morte e la conseguente condanna all’inferno dell’odiato Bonifacio, è sul punto di confessare per evitare la propagginazione (nel medioevo, forma di condanna capitale consistente nel calare il condannato col capo all’ingiù in una buca, che veniva poi riempita di terra in modo da farlo morire soffocato). Il papa, principe Niccolò credendo sia giunto il momento della condanna crede che l’anima che gli è vicino sia Bonifacio, non riconoscendo Dante ed a lui così si rivolge:
“Se’ già costì ritto, se’ tu già costì ritto, Bonifazio?…”
PAPA GREGORIO IX
ED IL ROGO DEL TALMUD
(1145-1241)
UGOLINO DI ANAGNI
178° Papa della chiesa cattolica, (1145-1241)
In questo periodo la questione ebraica assume un doppio rilievo innanzi alle determinazioni dei vari pontefici, in particolare gli stessi intervenivano, da un lato, in loro soccorso, dall’altro iniziavano i primi accenni differenziazione e di identificazione sulle vesti.
Papa Gregorio IX, famoso anche per le decretali, cinque collezioni di lettere dei precedenti pontefici che assumevano efficacia normativa riunite in un unico corpo, così come ritratto da Raffaello nei musei vaticani con il volto di Giulio II.
Un papa molto attivo nella lotta contro l’imperatore Federico II a cui rivolse ben due scomuniche in un susseguirsi di schermaglie, lotte e ricongiungimenti.
Qui rappresentato per un evento particolare il cosiddetto “rogo del TALMUD” si riferisce alla decisione di eliminare questo testo ebraico in quanto furono sollevate numerose eccezioni sui suoi contenuti, contrari alla religione cattolica e quindi “eretici”.
Papa Gregorio IX stabilì anche i primi tribunali dell’inquisizione nel 1231 ed alle dure leggi come il Liber Augustalis che paradossalmente lo ricongiunse all’Imperatore.
Papa molto legato a San Francesco che poi canonizzò.
Par XXIX,102 -Par 32,1, poi, sono le donne ebree a comparire nell’empireo. -Par XX,38 David viene definito «il cantor dello Spirito Santo» e in XXV,72 «sommo cantor del sommo duce [Dio]».
-Par XXV,56. Qui Dante viene elogiato perché nel suo cuore nutre una grande virtù, la speranza; perciò gli è stato concesso di passare dall’esilio terreno alla visione gloria celeste.
Purg IV, 83 leggiamo che «gli Ebrei / vedevan lui verso la parte calda».
Purg XVIII, 134-135: pur essendo stati liberati dalla schiavitù dell’Egitto, essi non seguirono Mosè con prontezza e furono tutti castigati trovando la morte nel deserto.
Purg XXVII,2: «Sì come quando i primi raggi vibra / là dove il suo fattor lo sangue sparse». Il sole, cioè, era nella stessa posizione di quanto spunta a Gerusalemme, là dove Cristo versò il suo sangue. Inf XXIII, Inf XXXIV, 113-114
PAPA INNOCENZO II
Gregorio Papareschi
176° Papa della chiesa cattolica
Con la bolla “OMNE DATUM OTIMUM” l’Ordine dei Templari ottenne il riconoscimento pontificio, i Templari dipendevano direttamente dal Papa ed erano autorizzati ad uccidere i nemici di Dio e della chiesa, gli “ infedeli”.
Secondo la bolla i Templari oltre ad essere un ordine militare divennero indipendenti nel loro operato ed esentati dal pagamento di tasse e gabelle.
Le condizioni per entrare nell’ordine erano moto dure: spoliazione di ogni bene materiale, castità ed obbedienza.
Innocenzo II dovette lottare contro l’antipapa Anacleto fino alla soluzione sulla legittimazione della sua investitura avvenuta a Pisa con il concilio del 1135.
Dante era legato ai templari dai quali, secondo la numerologia. con l’utilizzo dei numeri sacri, sia a livello strutturale sia contenutistico.
Dante basa sul numero tre la struttura base della sua opera formata da 100 canti, che sono suddivisi in tre cantiche secondo uno schema: 1+33+33+33, dove il primo canto svolge il ruolo di preambolo.
Tre sono i regni che Dante attraversa: Inferno, Purgatorio e Paradiso.
Tre sono le guide: Virgilio, che rappresenta la ragione, Beatrice, simbolo della grazia divina e infine San Bernardo, lo slancio mistico che porta all’illuminazione finale.
Tre sono le profezie di Beatrice.
Tre sono i sogni di Dante nel Purgatorio.
Tre le porte per cui Dante passa: due nell’Inferno e una nel purgatorio.
L’Inferno è diviso in 9 cerchi, il Purgatorio è formato da 7 cornici (come i 7 peccati capitali), il Paradiso è formato da 9 cieli mobili (multiplo di tre), a cui se ne aggiunge un decimo immateriale e immobile (il 10 è il numero della perfezione).
PAPA PASQUALE II
E GLI ANTIPAPI
(1040-1118)
Rainero Raineri di Bleda, (1040 – 1118)
160° Papa della chiesa cattolica.
E’ nota la forte propensione di Dante per i Templari e l’avversione verso il re francese Filippo il Bello.
I Templari portarono reliquie dalla Terra Santa, si suppone che il segreto del Graal sia stato svelato in presenza di San Bernardo da Chiaravalle ed Ugo de Payns a Papa Pasquale II, il quale, subito dopo, colto da un malore, spirò.
Gli antipapi all’epoca di papa Pasquale II furono Clemente III, Teodorico, Adalberto e Silvestro IV.
Papa Pasquale II nel 1113 riconobbe l’Ordine di San Giovanni degli Ospitalieri il cui simbolo era una croce ottagonale.
Sia Dante che San Bernardo da Chiaravalle erano bambini al momento dell’elezione di papa Pasquale II e vivono questa elezione come qualcosa di enormemente importante, per via della notizia della vittoria della prima crociata in terra santa, che sopraggiunge dopo appena un mese dalla sua investitura.
Quindi Papa Pasquale II diventerà il primo Papa di Gerusalemme, e guarda caso il luogo di partenza del cammino della Divina Commedia coincide proprio con le mura della città.
PAPA SAN GREGORIO VII
IMPRIGIONATO A CASTEL SANT'ANGELO
(1014-1028)
Ildebrando da Soana (1014-1028)
157° Papa della Chiesa Cattolica
Mentre Papa, Gregorio VII, si fa carico di combattere la simonia, di ristabilire il celibato sacerdotale esibendo il suo Dictatus Papae e riconobbe, rivendicandolo, il solo potere papale nell’attribuzione delle cariche ecclesiastiche, sottraendo all’ imperatore la facoltà di effettuarle, Enrico IV lotta, dal canto suo, per mantenere gli antichi privilegi.
Tra il X e l’ XI secolo sorse nel mondo cristiano, contro la decadenza morale del clero, un movimento di rinnovamento spirituale che pose al contempo l’esigenza di una profonda riforma della chiesa e che guadagno infine alla sua causa gli stessi vertici dell’organizzazione ecclesiastica.
• IL SINODO LATERANO
Presieduto dal papa Niccolò II segnò la prima e concreta affermazione della chiesa Romana:
1. L’elezione del pontefice venne riservata solo ai cardinali;
2. i decreti riformatori colpirono la clerogamia e la simonia;
Nel 1059 Il papa stringe a Melfi Un accordo con i Normanni per cautelarsi Contro la prevedibile reazione imperiale. Riconosce a Roberto il Guiscardo l’investitura di Capua, della Puglia e dalla Calabria.
Nel 1084 Enrico IV conquistò Roma, Gregorio VII rifugiatosi a Castel Sant’Angelo chiese aiuto ai Normanni che lo liberarono per poi darsi ad una devastazione dell’Urbe rendendosi responsabili di saccheggi e distruzioni peggiori di quelle del sacco goto del 410 e di quello lanzichenecco del 1527.
PAPA GIOVANNI XII
(937-964)
Ottaviano dei conti Tuscolo (937-964)
130° Papa della Chiesa Cattolica
Papa dimenticato da Dante.
Nel panorama medioevale certo vi sono stati prelati che non hanno brillato di virtù, svariati di loro citati ancora oggi come esemplari di diverse tipologia di nefandezze ed “influencer” dei vari tipi di peccato campioni di difetti e vengono citati nella Divina Commedia e più precisamente nell’inferno dantesco.
All’amico Dante vorrei dire che non condivido tutte le sue decisioni che ritengo opinabili per molteplici motivi, a cominciare da San Celestino V che oltre essere stato eletto dopo oltre i due anni di “vacatio” della sede papale causata dalla peste e dal conflitto dei Colonna con i cardinali e dai vespri siciliani. Pietro da Morrone era un vecchio, di umili origini e forse per questo non amato da Dante, un monco eremita, religiosissimo e con facoltà taumaturgiche, sulla cui nomina i cardinali del conclave furono tutti d’accordo all’unanimità.
Per tutti quelli che considerano Dante un emblema di sacralità tanto da volerlo assurgere a beato, rammento che il sommo poeta non era certo dotato della virtù del perdono e che la selva oscura rappresenta un momento di profonda crisi personale che trasferì nella stesura della Commedia, proprio cominciando dall’inferno.
Suggerisco la sostituzione di Papa Celestino V con Papa Giovanni XII che oltre a non aver mai efficacemente adempiuto al proprio ufficio si dedicava ad altri vizi in particolare alla lussuria e nel compimento di tale esercizio, alla giovane età di 27 anni, trovò la morte a mano del marito della concupita.
Altro papa le cui gesta sono state recentemente rivalutate è Clemente V il quale da studi approfonditi, seppur francese, sembrerebbe avere frenato in vari modi le istanze del re francese Filippo il Bello addivenendo addirittura non all’abolizione ma alla sospensione dell’ordine templare.
PAPA INNOCENZO III
(1198-1216)
Scultura in creta bianca con placche di bronzo antiche e stoffa, dipinta con smalti color bronzo, 2018, titolo: “Il sogno di Innocenzo III”.
Secondo lo studioso Giancarlo Zizola fu il primo vero conclave della storia a Roma, in un vecchio rudere del Septizonio, trasformato da fortezza in prigione, tramite la distribuzione di schede elettorali, fu eletto Lotario dei Conti di Segni a soli 38 anni.
Compì i suoi studi a Roma e poi teologia a Parigi e diritto canonico a Bologna.
Vanno ricordate la IV Crociata e la Crociata Albigese la prima in quanto volontà di Innocenzo III di ricomporre lo scisma d’Oriente per riconciliare latini e greci, la seconda quale avversario delle tendenze in odore di eresia che si stavano pericolosamente diffondendo in Europa, in particolare in Francia fra cui i Catari o Albigesi, in tutti i ceti sociali.
Nel 1210, e qui il collegamento con San Francesco, assentì verbalmente all’ordine pauperistico dei Francescani e poi dei Guglielmiti anche per evitare la diffusione di movimenti eretici nei ceti più poveri finendo poi per appoggiare quelli che non mettevano in discussione l’autorità ecclesiastica.
Il papa ebbe una visione: in sogno la basilica del Laterano che crollando veniva, invero, sorretta da un uomo poverello, piccolo di aspetto, che nella scultura è rappresentato dietro la testa del pontefice e rappresentato da bastoncini fragili e deboli mentre davanti agli occhi di Innocenzo come due lenti vi sono due placche di bronzo antiche che stanno a simboleggiare il lavoro di riflessione che operò il papa per conciliare gli interessi ecclesiastici con la potente rivelazione onirica di Francesco.
Papa Innocenzo III approvò la Regola.
PAPA CELESTINO V
(1215-1296)
PIETRO ANGELERI DA MORRONE
192° papa della Chiesa Cattolica (1215-1296)
Scultura in creta cruda, cosparso di curcuma, curry, paprika dolce e piccante, noce moscata, cannella, peperoncino, limoni veri dipinto con olio d’oliva e cacao, 2018.
Santo guaritore, eremita e taumaturgo, noto per numerosi miracoli e le guarigioni miracolose.
Inter Sanctorum Solemnia, la bolla del perdono, primo esempio nella storia di indulgenza plenaria, i penitenti dopo la confessione dovevano attraversare la porta santa sulla facciata sinistra della basilica di Santa Maria di Collemaggio che contiene affreschi con molteplici riferimenti ai Templari.
Fu fondatore dell’ordine omonimo, rinunciò all’ufficio papale affidando a Benedetto Caetani, poi Bonifacio VIII, il quesito sulla legittimità dell’abdicazione.
Si riscontrano molteplici collegamenti e connessioni con i templari.
La rinuncia di papa Celestino V dopo neanche tre mesi e mezzo fu totale: sia dall’”ufficio” che dal “ministero”, qui opera il collegamento con gli eventi del 2013 riguardanti le dimissioni di Papa Benedetto XVI e la nomina di Papa Francesco.
Letteratura: Divina Commedia, Dante Alighieri, canto III, 59-60 Inferno.
IL PAPA NERO,
LA PROFEZIA DI SAN MALACHIA
Nel corso di queste letture sono scaturite molteplici connessioni che hanno trasportato le mie percezioni fino a zone remote della coscienza, forse alcune anche trascendenti.
Alcuni personaggi oggetto di questi studi sono vissuti nello stesso periodo, si sono conosciuti ed alcuni sicuramente frequentati, San Francesco e Santa Chiara ne sono l’esempio più conosciuto.
Hildegard Von Bingen collegata a diversi religiosi e mistici ha sicuramente conosciuto San Bernardo da Chiaravalle il quale viaggiava per tutta l’Europa proponendo ai vari regnanti la figura dei templari e la necessità di addivenire al loro riconoscimento.
San Bernardo da Chiaravalle oltre ad essere impegnato nell’azione sostenitrice templare conobbe San Malachia e scrisse la sua biografia. Il monaco Irlandese con influenze celtiche che a sua volta coadiuvato da Bernardo scrisse un testo contente le sue visioni sui 111 papi che si sarebbero succeduti fino ad un determinato epilogo nel quale viene descritto l’arrivo di questo papa nero.
E’ necessario aprire l’inciso sulle profezie dei vari Santi i quali ricevendo segnali, tramite visioni od illuminazioni dello Spirito Santo, scrissero testi riguardanti la chiesa e la sue sorti o la fine del mondo.
Occorre citare San Celestino V, Gioacchino da Fiore, Hildegard Von Bingen e San Malachia.
SAN BERNARDO DA CHIARAVALLE
E LA VISIONE DEL PARADISO
(1090-1153)
Protettore degli agricoltori e degli apicoltori
Dante lo introduce nel Canto XXXI del Paradiso, quando il poeta, giunto ormai nell’Empireo, sta ammirando la candida rosa dei beati: egli si volta per parlare a Beatrice, ma con sua grande sorpresa vede accanto a sé un vecchio dall’aspetto venerando, il cui volto ispira benigna letizia e con l’atteggiamento devoto di un padre amorevole.
In seguito il santo invita Dante a spingere lo sguardo su tutta la rosa dei beati, soffermandosi in particolare sulla Vergine per la quale egli dichiara di ardere d’amore, presentandosi infine come il suo fedel Bernardo.
Nel Canto XXXII il santo illustra a Dante la disposizione dei beati nella rosa celeste, spiegando che la diffusa presenza di bambini fra i beati è frutto non del loro merito ma della grazia divina, quindi (dopo la glorificazione di Maria) Bernardo indica al poeta alcune delle più eccelse anime della rosa, affermando infine la necessità di invocare l’intercessione della Vergine affinché Dio conceda a Dante l’altissimo privilegio di figgere lo sguardo nella Sua mente.
All’inizio del Canto XXXIII Bernardo rivolge dunque alla Vergine la famosissima preghiera con cui chiede l’intervento di Maria, e in seguito Dante descrive la visione di Dio che conclude la Cantica e il poema.
SAN FRANCESCO D'ASSISI
E LA PREDICA AGLI UCCELLI
(1181-1226)
Giovanni di Pietro di Bernardone (1181-1226).
Dante lo include ovviamente tra i beati del Paradiso, mostrandolo seduto nella rosa celeste illustrata nei Canti XXXI–XXXII.
Francesco ottiene da papa Innocenzo III il primo sigillo alla Regola e un secondo avallo da papa Onorio.
Dai Fioretti (cap. XVI): «…et venne fra Cannara et Bevagna. E passando oltre con quello fervore, levò gli occhi e vide alquanti arbori allato alla via, in su’quali era quasi infinita moltitudine d’uccelli. E entrò nel campo e cominciò a predicare alli uccelli ch’erano in terra; e subitamente quelli ch’erano in su gli arbori se ne vennono a lui insieme tutti quanti e stettono fermi, mentre che santo Francesco compié di predicare (…).
Finalmente compiuta la predicazione, santo Francesco fece loro il segno della croce e diè loro licenza di partirsi; e allora tutti quelli uccelli si levarono in aria con maravigliosi canti, e poi secondo la croce c’aveva fatta loro santo Francesco si divisoro in quattro parti (…) e ciascuna schiera n’andava cantando maravigliosi canti».
PAPA BONIFACIO VIII
(1230-1303)
Benedetto Caetani, 193° papa della Chiesa Cattolica.
Scultura in creta cruda con inserti, 2018, titolo: ”Lo schiaffo di Anagni” ispirato alle vicende con il re francese Filippo il Bello che poi osteggiò i Templari fino alla loro estinzione.
Fondò l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, studiò diritto con specializzazione in quello canonico presso l’Università degli Studi di Bologna; istituì il Giubileo e l’anno santo fu indetto il 22 febbraio del 1300.
Sorsero numerosi conflitti con la corona di Francia per un eccesso di tassazione sui beni ecclesiastici cui fecero seguito bolle papali che riducevano i privilegi francesi e vennero stabiliti rapporti diversi fra Stato e Chiesa: il papa era autorità suprema alla quale dovevano sottomettersi anche i sovrani ed in particolare quello francese in virtù dei gravosi oneri pr imposte, da qui il dissidio scaturito nello scontro fra Bonifacio e Filippo il Bello definito lo schiaffo di Anagni luogo dell’ acceso confronto.
Una profonda rilettura dei rapporti in contrasto con quella di Dante, lascia emergere la debolezza e la ritrosia di Celestino rispetto all’ufficio papale tanto da affidarsi al proprio consigliere legale Bonifacio i cui studi sull’abdicazione sono stati recentemente utilizzati da papa Benedetto XVI.
Letteratura: Divina Commedia, Dante Alighieri, canti XIX e XXXVII inferno.
PAPA CLEMENTE V
(1305-1314)
Bertrand de Got, 195° Papa della Chiesa Cattolica.
Scultura in creta dipinta in varie fasi ed in varie tinte, con pianeta antica e drappo di stoffa francese e croce in bronzo antica, 2020, tiolo: “Clemente V ed i Templari”.
In una Roma dilaniata da conflitti interni dove le famiglie feudatarie romane più potenti si contendevano il potere anche all’interno del clero, i Caetani (Guelfi), i Colonna (Ghibellini) e Matteo Orsini della corrente filoitaliana e di Napoleone Orsini e Niccolo’ da Prato propensi al potere francese.
Nel 1309 spostò la sede da Roma ad Avignone dando origine alla cosiddetta “cattività” del papato che vi rimase sino al 1377.
I collegamenti fra i papi si fanno ancora più evidenti dati i numerosi eventi anche contradditori che li coinvolgono in gran parte condizionati dalla pressione francese: la questione occitana, la crociata albigese, lo scisma d’occidente con il periodo avignonese, il contenzioso con i Frati Minori, fra cui i Dolciniani ispirati alla povertà evangelica, l’abolizione dei Templari che ancora oggi desta numerose curiosità, le incisive citazioni di Dante che definisce anche Clemente V ‘Pastor senza legge’ e lo colloca impietosamente all’Inferno fra i simoniaci (XIX, 85-87) per aver comprato il potere appoggiando Filippo il Bello.
Le riletture storiche attuali, a mio avviso, forniscono spaccati e contorni diversi rispetto a quelli del sommo poeta, recentemente la critica moderna ha rivisto e ridimensionato la figura di Clemente V uomo di profonda cultura anche linguistica che si relazionò con le maggiori università dell’epoca fra cui Roma, Parigi, Oxford, Orleans, Bologna e Salamanca per la diffusione e l’incentivazione dello studio dell’arabo, del greco e dell’ebraico, si profuse in attività missionarie in Cina nominando il primo vescovo di Pechino.
Per quanto attiene la rilettura della vicenda francese Clemente pare non avere assecondato le istanze di supremazia di Filippo il Bello anzi pare abbia adottato molti atteggiamenti dilatori per evitare decisioni che sarebbero, invero risultate forzate dal francese.
Letteratura: Divina Commedia, Dante Alighieri, canti XIX, 83-86, inferno.
SANTA ILDEGARDA VON BINGEN
(1098-1179)
Scultura in creta cruda dipinta con olio d’oliva e colori acrilici e pigmenti naturali e cacao, con drappi e pianete antiche, spilla gioiello antica, coroncine di chiodi di garofano, 2018.
L’opera si completa di altri cinque disegni del volto della Santa in vari periodi della vita ed in particolare le immagini appunto come visioni, sono scaturite dalla mia mente che elaborava il momento dell’incontro mistico nella visione ritraendola con colori sul volto come un arcobaleno di estasi.
Letterata, studiosa, scrittrice, drammaturga, poetessa, musicista, compositrice, linguista, filosofa, cosmologa, profetessa, consigliera politica e naturalista.
Il filo conduttore dell’ispirazione naturalistica più colta si coniuga perfettamente nella figura femminile della Santa Ildegarda Von Bingen, da qui la provenienza della città germanica.
Studiosa degli influssi delle erbe sul corpo umano, erbe che usava e coltivava nel convento di clausura, anni fa io stessa in Toscana dove ora abito, risistemai un antico orto giardino cimitero dei monaci certosini in loro omaggio e piantai erbe aromatiche e piante officinali.
Da anni ascoltavo le sue musiche angeliche e sono rimasta affascinata dalla sua arte e dalla sua cultura oltre che incuriosita dalle sue visioni mistiche ma anche dalla sua eleganza e signorilità e stile che aveva introdotto nel convento dove era Badessa nella cui regola aveva introdotto anche l’uso di gioielli e monili alle sue sorelle.
Ildegarda artista dipinge le sue visioni nelle quali si rappresenta spesso all’interno di mandorle colorate e lei stessa descrive nei suoi scritti i suoi momenti mistici ed anche di turbamento, fatto che suggerisce ed esprime la difficoltà ed i conflitti del corpo con lo spirito.
Ildegarda fu badessa in Germania nell’anno 1000 in un periodo sicuramente poco favorevole all’evoluzione dell’essere donna ed in un contesto socioculturale che riservava solo agli adepti ecclesiastici possibilità di accesso al sapere ed alla conoscenza; Ildegarda ha utilizzato sapientemente tutti gli strumenti di cui disponeva oltre, sicuramente ad una fervida intelligenza e ad una spiccata propensione all’espressione di una femminilità poliedrica ed autorevole che la rende ancora un personaggio di spicco.