LE SIBILLE E L’ACQUA
Tratto da “Venezia , il profilo degli Dei”, mostra personale Settembre 2019
Le sibille sono un emblema, creature umane e divine che trascendono il tempo e lo spazio e la cui carne si fonde nelle fontane di pietra, nella roccia e dove sempre l’acqua è presente sin dall’atrio della sibilla circondato da mani giganti che imprigionano l’avventore curioso e disperato che richiede responsi…
Ancora oggi, l’uomo si pone continuamente molteplici quesiti che gli strumenti avanzati di cui dispone non riescono a soddisfare, per questo ho riproposto le sibille in varie fogge, a ricordare come l’intrigo fra corpo e mente sia sempre stato oggetto di tormenti irrisolti.
L’atrio umido e buio è come il gabinetto di Freud a Vienna, la sala d’aspetto arcaica in cui si attendevano soluzioni a mali inspiegabili, in cui le speranze superavano le attese ed in cui i confini dello scibile si perdono con l’insondato inconscio, il sogno, il percorso a ritroso e l’anamnesi alla ricerca dell’evento scatenante il turbamento.
Dall’altra Jung e le sue esperienze sciamaniche, l’impercettibile evidenza di contatti con gli spiriti e quindi la sibilla come canale energetico che richiama energie e formula le regole dell’ordine sociale; pertanto la sibilla è un catalizzatore di risorse che redistribuisce assolvendo alla funzione istituzionale che risulta antropologica dopo le evoluzioni dei tempi.
Sempre indiscussa, solitaria sia che svetti sulla cima della fontana neoclassica, informe appena abbozzata quasi uno scherzo della natura, sia che si trovi accorpata alla roccia con mani enormi esagerate che aspettano l’avventore per ricordargli come tutto è illusione.
Nel dipinto la sibilla è accovacciata con gambe e mani improbabili un filo d’acqua stagnante s’intravvede scorrere sulla terra nuda che sorregge l’arco della grotta illuminato da fuochi di luce lontane ed anche qui sorge il dubbio della reale entità dell’umano e della sua fragilità e dei suoi umori acquei emessi dalla figura femminile dallo sguardo quasi ironico che altro non è se non l’esaltazione del nostro legame con la terra alla quale ritorneremo dopo avere consumato il creato e consumati noi stessi dall’esistenza medesima.