ALBERTO GIACOMETTI

TRILOGIA DI GIACOMETTI – TRITTICO

La trilogia si sviluppa in tre opere, la prima nata è Giacometti nel suo studio, ritratto da una foto, disegnato su carta con matite colorate, l’ispirazione dell’arte moderna che trae i suoi spunti dal primitivismo per contraddire l’arte classica e/o formale si evidenzia sullo scrittoio dello scultore dove, a fianco della sua immagine si stagliano i tratti essenziali di una scultura lignea rappresentante una dea africana.
Giacometti e la dea risultano quasi sospesi e si sfiorano come ad esprimere un collegamento psichico reso più affine dagli azzurri, le esigenze della dimensione del foglio hanno reso necessario mettere in primo piano solo il volto e la scultura mentre il resto della scrivania e della figura dello scultore rimangono nell’immaginazione del resto dell’ambiente, così come richiamato dal titolo.

La seconda è un ritratto mnemonico, proveniente ovvero dalla mia memoria, quindi realizzato a mente libera come mia consuetudine, trattandosi di un procedimento sperimentale che sto applicando a tutte le mie creazioni sia in creta che disegno e pittoriche sin dal 2017.

Qui Giacometti assume le sembianze giovanili ed i suoi tratti non risultano incisivi e scavati come nell’età matura, il suo desiderio è di ritornare in questa vita con il suo aspetto migliore della giovane età con un desiderio inappagato: “FUMARE L’ULTIMA SIGARETTA.”

 

Così ho visto Alberto nella mie visioni e l’ho riportato nella nostra dimensione secondo il suggerimento ricevuto per esprimere la sua essenza spirituale.

Nel candore della materia i suoi tratti affiorano delicatamente come un’entità tranquilla che riappare sulla terra per soddisfare il desiderio mai sedato di fumare.

Il trascendente si accende di ironia ed il richiamo al desiderio si colloca in mezzo alle labbra dove pende un vecchio bocchino che mi regalò, con un set da tabacco in radica, lo zio Emilio Salvini di Firenze.

L’oggetto rappresenta l’elemento di “rottura” che inserisco nella maggior parte delle mie sculture ed ancor di più s’inserisce con maggior vigore nel significato e nell’evocazione di un desiderio fisico che rafforza il significato espressivo della scultura piuttosto che agire come mera simbologia.

La terza opera, omaggio a Giacometti, la “Donna Cucchiaio” è un “divertissement”, una parodia della sua famosissima scultura, studiata dopo varie ipotesi di realizzo, sollecitata dal reperimento di questo attaccapanni anni ’50, dopo molta ponderazione, svariati bozzetti anche su carta, fatto abbastanza, inconsueto nel mio metodo produttivo è nata la versione definitiva: un bacino di donna, dea madre negra realizzata in creta da cui sporge il bronzeo attaccapanni.

La pittura ha richiesto un lavoro complesso ultimato solo recentemente, ho voluto riprodurre la consistenza della pelle delle persone di colore, molto spessa con increspature ed irregolarità in prossimità dei bulbi piliferi, la tinta utilizzata è un nero professionale per imbianchini e olio d’oliva.

Le sembianze del bacino e dei glutei richiamano l’archetipo della dea madre e la sinuosità dell’oggetto prosegue nelle rotondità del bacino, il pube è decorato con strass neri collocati per incastro e non incollati per mantenere la tecnica più essenziale possibile senza materiali estranei che interromperebbero le vibrazioni energetiche.

Scultura da leggere, non solo un trittico bensì anche trilogia.