PABLO ET MOI E MAX JACOB

LA RICONGIUNGIUZIONE DI UN’AMICIZIA

Un pomeriggio del freddissimo inverno del 2017 il mio dialogo con Max Jacob si fece più intenso, molte cose accaddero quella sera e nessuna si può svelare.

Max ebreo, poeta, artista amico fidato di Pablo convisse con lui a Montmatre al Bateau Lavoir soprannome coniato da Max Jacob in riferimento alla curiosa sagoma della costruzione, mentre tra i locali era nota come la “casa del Cacciatore di pellicce” dove, con altri artisti condivideva un tetto, senza riscaldamento e con un unico servizio in comune…

Non oso immaginare come potessero essere gli inverni parigini o più semplicemente le condizioni igieniche di quel luogo.La ”bande a’Picasso” era composta anche da André Derain, Maurice Denis, Max Jacob, André Salmon e da Guillaume Apollinaire.

Nel mio disegno a pastelli, mai pubblicato, i muri scrostati, il quadro di Pablo alle pareti richiama ermeticamente l’omosessualità di Max ma anche la loro inossidabile amicizia.

Così non fu in quanto Pablo diventò più abbiente e ad un certo punto, nel 1909, andò a vivere a Pigalle con Fernande Olivier e lascio’ solo Max.

La fame, l’oppio e l’etere per placare i morsi della fame diventano ricordi più vaghi solo per Pablo mentre percepivo, ancora pulsante, il dolore di Max per l’abbandono dell’amico Picasso.

“Li devo riunire”, ho pensato, “si devono riappacificare”, Max vuole così e Pablo?

Quando non sa dove andare viene a trovarmi, mi sussurra nuove idee, mi guida con un tratto unico deciso, con il pennello largo e la china nera.

Perché lui non ha certo deciso di smettere la sua arte.

“Pablo et moi”, scultura di dicembre 2018 racchiude il segreto di due amici, rumori di pennelli striscianti sulle tele con colori di recupero, di incontri fra artisti diventati poi memorabili ‘Au Lapin Agile’, di un vissuto nella Parigi dei primi del ‘900 che amo e, forse anch’io ero li’…

Si connette anche August Rodin che suggella con un abbraccio mani e piedi l’amicizia ritrovata.

La corolla di un fiore giallo rivela i tratti di bocche affamate e vuote, richiama l’incastro di volti e di attimi in cui il giaciglio maleodorante condiviso al ‘Bateau Lavoir’ si profuma di tenerezza si riempie di quelle risate ed i ricordi si tramutano in una pellicola dove il legame più sincero sconfigge il vissuto più torbido.

Il colore ultimo è il giallo che ho ritrovato percorrendo le vite di due amici collegati al momento più importante della storia dell’arte del ventesimo secolo, passando per grigi, marroni e verdi che sfumavano via senza fondersi nella materia invece, finalmente, dopo due anni l’unione ritrovata è sgargiante, vitale, primitiva come l’energia primordiale dei “Mayagods“.

E’una scultura felice, ora l’amicizia è riunita ed io posso affrontare nuove sfide, con loro al mio fianco.